Eccoci alla prima edizione ufficiale di “Racconti Fotografici”. Pochi giorni fa abbiamo pubblicato la numero Zero, dedicata a Luca Benini , oggi pubblichiamo l’intervista di Luca Concas, fotografo siciliano dal grande talento. Abbiamo avuto modo di ammirare i suoi scatti e abbiamo chiesto a Luca se poteva rilasciarci una intervista sulla “sua fotografia” e lui ha accettato, quindi siamo onorati di farvela leggere qui di seguito. Buona Lettura.
D: Ti puoi presentare per gli amici che ancora non ti conoscono?
R: Ciao e grazie per questa intervista, sono nato a Caltagirone nell’entroterra siciliano 27 anni fa’. Ancora non ho trovato il genere che preferisco quindi cerco di farli tutti al meglio, i miei paesaggi che qualcuno conoscerà oggi mi piace definirli come dipinti digitali a base fotografica o qualcosa del genere.
D: Da piccolo cosa sognavi di fare?
R: Io mi son sempre visto bene come esploratore della foresta amazzonica, cacciatore di tornado e/o qualcosa del genere.
D: La prima foto che hai scattato?
R: La primissima foto consapevole che ho scattato che mi ha fatto dire: “mmm aspetta un attimo” è un’istante che ho rubato in Sardegna nella spiaggia di Gonnesa, ritrae la silhouette di bambini al tramonto che stanno calciando un pallone, il pallone scompare sotto una duna e il sole prende il posto della palla, creando un’immagine concettualmente e visivamente molto forte.
D: Quali sono i fotografi a cui ti ispiri e perchè ?
R: Ecco questa è una domanda molto difficile, ormai sono anni che giornalmente osservo centinaia di immagini e devo dire che trovo sempre almeno una fotografia che avrei voluto scattare io. In realtà non ho un vero e proprio fotografo da cui traggo ispirazione. Il processo fotografico tra fase di scatto e composizione, scelta della luce e post produzione è talmente tanto ampio e soggettivo che credo sia più facile far uscir sé stesso (inteso anche come risultato di tutto ci che hai fatto tuo, fotograficamente parlando e non) che cercare di emulare qualcun altro.
D: Cosa non è per te la fotografia ?
R: La fotografia non è inventare, ma enfatizzare, non è nascondersi, ma mostrarsi, non è correre, ma rallentare.
D: Qual è la sfida di ogni scatto?
R: La sfida di ogni scatto… Oggi più che un tempo la sfida consiste (per via della maggiore fruizione e presenza di immagini) nel creare una fotografia che emozioni, a prescindere da tutto arrivare al cuore dell’osservatore.
D: Che cos’è la curiosità?
R: Si può rispondere a questa domanda citando Roberto Bolaño: “Ogni cento metri il mondo cambia.”
D: Chi o cosa ti piacerebbe fotografare ?
R: Quest’anno voglio riuscire fotografare il Cervino e la baita Seganti, sperando di avere un bel cielo che sia buio e limpido. Voglio inoltre trovare un po’ di tempo per esplorare nuovi posti meno famosi.
D: Qual è il tuo prossimo progetto?
R: Ultimamente mi sto cimentando in un genere che amo tantissimo e mi da grande soddisfazione, il ritratto ambientato. Vorrei poter fare un reportage su un gruppo di uomini Pakistani che ho avuto modo di conoscere che vivono grazie al lavoro ambulante. Voglio far vedere tramite le mie fotografie il loro mondo fatto di forti tradizionalismi e contraddizioni, ma anche cultura e rispetto per il prossimo.
D: Quali tappe hai attraversato per diventare il fotografo che sei oggi?
R: Molte ore di prove, di studio, di appunti, moltissimo tempo dedicato alla fotografia, l’ho sempre scelta prima di tutto e continuer a farlo.
D: Che difficoltà hai incontrato lungo il tuo percorso?
R: Le uscite a vuoto sono state effettivamente molte, ma devo dire che ho anche molta fortuna con le condizioni meteo e le persone che decido di fotografare son sempre molto disponibili.
D: Quali esperienze decisive hai avuto nell’ambito fotografico?
R: Ho avuto una grande svolta passando da APS a FF, evidentemente il mio occhio si adatta meglio al grandangolo e la composizione della scena mi riesce più immediata. Inoltre un viaggio nella famosa foresta tedesca mi ha fatto allontanare da tutto ci che è costruito per quanto riguarda la fauna, la bellezza di una foto non giustifica la sofferenza di un animale.
D: Che cosa è necessario per poter cogliere l’attimo giusto?
R: A volte è necessario soltanto esserci, essere nel posto giusto al momento giusto, altre volte invece devi fare in modo che si verifichi qualcosa, devi prevedere la scena, se parliamo Street devi cogliere le abitudini della città, se siamo davanti ad un paesaggio bisogna sapere dove sorgerà o tramonterà il sole e a che ora. Un giorno stavo fotografando il martin pescatore, ero appostato e c’era un caldo insopportabile dentro al capanno, un signore di quelli che si lamentano di continuo inizia: “ah non c’è niente, non c’è niente, qui non c’è mai niente” mi giro per “guardarlo male” e scatto al volo tre foto, le rivedo e mi trovo con uno scatto perfettamente a fuoco di un natrix natrix che ha appena catturato un grosso pesce.
D: Che rapporto cerchi di instaurare con le persone/soggetti che vuole ritrarre?
R: Dipende, il paesaggio lo studio parecchio prima di partire, soprattutto se programmo una sessione di fotografia notturna. Quando devo fare un ritratto solitamente mi avvicino, mi presento e chiedo se pu concedermi 2 minuti del suo tempo per un ritratto. Di solito sono molto entusiasti.
D: Quali sono i problemi che riscontri oggi nel fotografare ?
R: Io credo che si debba fare in maniera ciclica un periodo di stacco, fermarsi e capire se la strada che si sta percorrendo è quella giusta per noi perché si rischia di cadere nell’essere troppo documentarista, nell’essere schiavo della moda, bisogna tornare alla fotografia che sia tua e non il riassunto di quello che si vede in giro.
D: Ci racconti un tuo aneddoto particolare o simpatico?
R: Ho avuto modo di accumulare molti aneddoti quando son andato a fotografare la via lattea in Sardegna in bicicletta. Ero a Santa Teresa di Gallura, dopo una giornata di pedalata sotto il sole finalmente arrivo in questa cittadina stupenda, l’idea era quella di dormire in spiaggia in tenda, ma in questo caso non era consigliabile, così ho cercato un b&b e dopo 4/5 senza successo perché pieni ho capito che avrei dormito in tenda da qualche parte, ma dove? Un po’ disperato, stanco e preoccupato sono arrivato per caso in un parcheggio per camper in cui trovo un mio compaesano che mi ha fatto piazzare la tenda di fianco al suo camper così ho potuto riposare ed essere pronto ad un’altra giornata di pedalata sotto il sole in solitudine.