Cari lettori, eccoci alla 15° edizione di “Racconti Fotografici”, che nel progetto iniziale doveva pubblicare una intervista a settimana, ma abbiamo avuto tante di quelle aedsioni che siamo passati a una pubblicazione al giorno, segno che questa iniziativa ha catturato l’attenzione di voi fotografi, nonchè la voglia di raccontare la propria esperienza e la propria visione della fotografia. La 15° edizione è dedicata ad Andrea Pollini, fotografo bresciano che ci ha colpito moltissimo con i suoi ritratti ambientati, eseguiti magistralmente. Andrea ha accettato di essere intervistato da noi e lo ringraziamo per il tempo che ci ha voluto dedicare. Buona Lettura.
Ti puoi presentare per gli amici che ancora non ti conoscono ?
Ciao a tutti, mi chiamo Andrea, abito in provincia di Brescia e sono un matematico di professione oltre che un curioso per vocazione. Sono un fotografo ritrattista. Per capire come intendo il ritratto (sia esso in studio o in esterno, di tipo classico o più concettuale/emozionale), penso basti osservare le immagini che creo.
Da piccolo cosa sognavi di fare?
L’astronauta, come tutti penso abbiano sognato da piccini. Poi ho capito che mi sarebbe un sacco piaciuto capire e curiosare nel mondo della matematica e così ho fatto.
La prima foto che hai scattato?
Una foto di cui non ricordo il soggetto, ma di certo una foto senza pretese. L’approccio alla fotografia è stato quasi casuale, ed è tornato poi dopo anni come risposta ad una esigenza profonda di trovare nuove modalità comunicative dopo un evento che ha segnato per sempre la mia vita.
Quali sono i fotografi a cui ti ispiri e perchè ?
Mi ispiro ai pittori piuttosto che ai fotografi. Penso che il patrimonio estetico che ci hanno lasciato i preraffaelliti ed i fiamminghi sia irrinunciabile per me. Allo stesso modo ammiro molti disegnatori. Tra i fotografi che mi ispirano non posso non citare Emily Soto, Brooke Shaden, David Talley e tutta la generazione dei giovani fotografi russi. Trovo che il loro modo di rielaborare toni e di esporre concetti sia molto affine al mio modo di sentire.
Cosa non è per te la fotografia ?
La fotografia non è la rappresentazione della realtà, almeno nel mio modo di viverla.
Qual è la sfida di ogni scatto?
La sfida più grande che ogni scatto racchiude è relativa all’uso della luce, sia scattando in luce artificiale che sfruttando quella naturale. La difficoltà non sta solo nel fatto di creare uno scatto con la giusta esposizione, quanto piuttosto trovare l’illuminazione giusta per lo scopo comunicativo dello scatto che sto creando
Che cos’è la curiosità?
La curiosità è il mio modo di approcciare lo studio della fotografia, una continua scoperta di nuovi registri espressivi man mano che si procede nel proprio percorso artistico. Amo sperimentare generi e registri diversi
Chi o cosa ti piacerebbe fotografare ?
Mi piacerebbe fotografare un respiro, una emozione tanto leggera quanto evanescente.
Qual è il tuo prossimo progetto?
Quale dei tanti? ho sempre tante idee da sviluppare, ho tutto un universo dentro di me da raccontare nei miei scatti. E sento di doverlo fare, ogni giorno sempre di più.
Quali tappe hai attraversato per diventare il fotografo che sei oggi?
Ho iniziato per caso, come penso tutti. Successivamente ho scoperto la ritrattistica (da timido i primi ritratti sono stati un disastro), e non ho potuto fare a meno di innamorarmi dell’universo di generi che le ruotano attorno. Poi l’evoluzione tecnica diventa una necessità quanto più si cercando di raccontare sfumature.
Che difficoltà hai incontrato lungo il tuo percorso?
Ho incontrato la frustrazione del non riuscire a creare quello che desideravo, per carenze tecniche, nella fase iniziale.Successivamente resta la sensazione di poter fare sempre meglio e sempre di più. Dopo un giorno anche lo scatto migliore mi sembra sempre pieno di imperfezioni e di cose che avrei fatto diversamente. Questo senso di incompiutezza lo avverto anche ora ed è la sfida che mi spinge ad andare sempre più a fondo con i miei studi per poter avere sempre più capacità narrative ed espressive.
Quali esperienze decisive hai avuto nell’ambito fotografico?
Ho avuto la fortuna di confrontarmi con bravi fotografi, di avere l’umiltà di ascoltare i loro consigli e di sperimentare quanto mi hanno consigliato, senza mai snaturare il mio stile. Grande importanza hanno avuto le pubblicazioni che ho avuto, come piccoli segni della mia crescita artistico/espressiva.
Che cosa è necessario per poter cogliere l’attimo giusto?
Per cogliere l’attimo serve sapere ascoltare la scena ed il soggetto. I miei scatti sono spessissimo pensati in anticipo, tuttavia spesso capita che sul set noti qualcosa, che sia un particolare della location, un accessorio o un dettaglio del soggetto, che mi fa sperimentare degli scatti che magari si rivelano poi migliori di quelli pianificati. Forse il segreto sta proprio nel seguire il flusso di coscienza mentre si sta scattando, seguendo le sensazioni del momento
Che rapporto cerchi di instaurare con le persone/soggetti che vuole ritrarre?
Cerco sempre di ascoltare le storie delle persone che ritraggo se sto realizzando dei ritratti. Se invece si sta realizzando un set più concettuale o emozionale cerco di essere sempre aperto agli input di chi posa perchè per me quel tipo di set è una creazione di mie idee sempre con l’apporto del soggetto.
Cosa ha influenzato il tuo stile?
Il mio stile è una rappresentazione del mio modo di sentire e di percepire le cose della vita. Sento di essere nei modi in cui ritraggo i miei soggetti e nelle immagini che creo.
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