Bentornati a “Racconti Fotografici” eccoci alla 160° edizione , oggi intervistiamo il fotografo Gino Bucciol, buona lettura.
Mi chiamo Gino Bucciol, ho 48 anni e sono da qualche anno un appassionato di fotografia, in particolare naturalistica e macro.
Vivo in provincia di Venezia e lavoro in quella di Vicenza. La mia azienda si occupa di strumentazione ottica e meccanica per l’ambito della ricerca astronomica e delle applicazioni aerospaziali.Da piccolo cosa sognavi di fare?
Domanda complicata… Non ricordo un sogno preciso, anche se forse per un po’ l’idea di progettare e costruire “apparati” o comunque avere a che fare con quella che oggi chiamiamo “intelligenza artificiale” è stata un chiodo fisso. Di certo sapevo che nella vita avrei avuto che fare con qualcosa in ambito tecnico e scientifico. Fin da bambino era infatti chiara e netta la mia passione ed inclinazione per tutto quello che avesse a che fare con la scienza.La prima foto che hai scattato?
Se parliamo di quelle che riguardano il tipo di fotografia che faccio ora, ricordo uno scatto fatta dalla finestra di casa, ad una Cinciarella posata su un albero del giardino. E la mia prima uscita in laguna, alla ricerca di soggetti. Il contatto con la natura, il tempo passato immerso in essa è una componente fondamentale della mia passione. E’ stata una passione travolgente. Una escalation rapida, alla ricerca del miglioramento della tecnica.
Quali sono i fotografi a cui ti ispiri e perchè?
Francamente non so rispondere, con precisione. Seguo delle persone che mi danno ispirazione sul web. Quelli che più sono vicini al mio modo di vedere la fotografia naturalistica. Cerco di imparare da loro le tecniche, ma anche (che è fondamentale) come costruire le “condizioni al contorno” che rendono possibile lo scatto. La preparazione di uno scatto è fondamentale, nella fotografia naturalistica.
Cosa non è per te la fotografia?
Posso dire con più facilità cosa è per me. Per me la fotografia è la rappresentazione, quanto più fedele e precisa possibile, della bellezza inarrivabile della natura. Mi ritengo un “compilatore di catalogo”. Non sono portato per tutto quello che è comunemente inteso come “poesia” o “interpretazione”. Ritengo che la più fedele rappresentazione della natura, che nel mio caso è l’ “originale”, il punto di arrivo. Una foto, per quanto perfetta, sarà sempre una “copia dell’originale” e di conseguenza porterà con se un certo degrado dell’immagine di partenza. Ecco, punto a ridurre questo degrado al livello minimo possibile. Non devo aggiungere del mio. Devo solo togliere il meno possibile alla realtà. Per questo non sono solito firmare le mie foto. In fondo, sto solo “rappresentando”, peggiorandolo, quello che è di fronte a me. Non l’ho fatto io.
Qual e` il tuo prossimo progetto?
Ce ne sono molti. Da qualche tempo amo costruire le mie “personali” situazioni fotografiche, limitando al minimo l’accesso a capanni fotografici già preparati. Questo costringe a lunghi lavori di ricerca e di preparazione. Ma ci sono alcuni progetti che spero di completare presto. Riguardano in particolare i rapaci, nel mio caso. Un passo alla volta cerco di crescere. E gli scatti diventano sempre più difficili da ottenere.
Quali tappe hai attraversato per diventare il fotografo che sei oggi?
Molte. Sono passato dalle fotografie “casuali”, magari passeggiando a quelle nei capanni fotografici a pagamento. Poi la volontà di costruire le “proprie foto” diverse da quelle degli altri. Quindi la ricerca dei soggetti, la loro osservazione, l’ideazione e la costruzione delle situazioni adatte, per finire con le lunghe ore di attesa. Devo dire che non pesano nemmeno un po’. E’ il modo migliore per passare del tempo libero. A questa crescita, fatta anche di libri e di studio, per capire fino in fondo quel che avevo davanti agli occhi, si è affiancata una crescita della dotazione tecnica. Sistemi di ripresa più performanti si sono rapidamente susseguiti, cercando di essere io il limite dello scatto che ottenevo e non l’attrezzatura. Ovviamente è stato importante anche imparare le corrette modalità di processing al computer delle immagini ottenute.
Che cosa è necessario per poter cogliere l’attimo giusto?
A volte capita di fare foto belle “casuali”. Ma non è la regola. Ho capito fin dalle prime uscite che per poter fare uno scatto “bello” devi poter anticipare quel brevissimo momento che sta per accadere. E per poterlo fare, se si tratta di animali, devi osservarli. A lungo. Capire come si muovono, capire i loro ritmi, le loro abitudini. Solo così potrai premere il pulsante di scatto al momento giusto nel posto giusto. Solo così potrai, come scrivevo sopra, costruire le condizioni che portano allo scatto. La soddisfazione è questa.
Cosa ha influenzato il tuo stile?
Di certo la mia mania per i dettagli. Si è ripercossa, pari pari, anche nel mio stile fotografico.
Quali sono i problemi che riscontri oggi nel fotografare ?
la mancanza di tempo. E’ un tipo di fotografia che, quando arrivi alla voglia di praticarla ad un certo livello, richiede per forza di cose molto tempo. Che in questo momento non riesco ad avere. Ma mi rendo conto che è il problema di tutti…
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