Ti puoi presentare per gli amici che ancora non ti conoscono ?
Salve a tutti, mi chiamo Laura, vivo a Roma, la mia città natale, con mio marito ed il nostro bimbo. Relativamente al lavoro, conseguita una laurea in Economia e Commercio ed una in Giurisprudenza ho sempre lavorato nel campo fiscale tributario, quindi nulla di più lontano dalla fotografia che è comunque entrata nella mia vita, moltissimo tempo prima, nel lontano 1978, nelle vesti di una Kelvin Major. All’epoca avevo 9 anni e la curiosità per la fotografia, instillatami da mio padre e da mio zio, è diventata subito una passione. La Kelvin Major fu seguita da una Fujica ST605N con la quale ho iniziato a sperimentare l’uso di ottiche con focali differenti, insomma prima della maggiore età già avevo acquisito dimestichezza con un discreto parco obiettivi. La mia ultima reflex analogica è stata una Nikon Fm.
Sono entrata nell’era del digitale, “in punta di piedi”, grazie ad una compattina Canon con cui mi sono divertita molto ed il definitivo passaggio al digitale l’ho fatto in sella ad una Nikon D300S.
A distanza di più di 40 anni continuo ad essere innamorata della fotografia, di un genere di amore incondizionato, quello da “vissero per sempre felici e contenti”.
Da piccolo cosa sognavi di fare?
Non ho mai pensato di fare della fotografia un lavoro, forse perché l’ho sempre vissuta come passione, qualcosa da vivere in totale libertà e a modo mio e probabilmente questo mal si conciliava con l’ idea di farne una professione, ma si sa quando si è giovani la visione del mondo è molto diversa da quella che si raggiunge con la maturità. Ad oggi forse l’idea non mi dispiacerebbe affatto.
La prima foto che hai scattato?
La prima foto che ho scattato è di un tramonto sul mare con la Kelvin Major di mio padre. Lo ricordo bene perché è stata proprio quella foto a farmi ottenere la mia prima macchina fotografica. Dopo parecchie insistenze da parte mia, mio padre, porgendomi la sua macchinetta, mi disse: “vuoi fare fotografia? Allora fai uno scatto adesso, uno solo, se viene bene puoi prenderti la mia macchina fotografica! “
Che dire… il resto è storia!
Quali sono i fotografi a cui ti ispiri e perchè ?
Da bambina i miei modelli sono stati come già detto mio padre e mio zio, crescendo ho imparato a conoscere i “grandi della fotografia” e diciamo che più che modelli ispiratori ho sviluppato determinate preferenze, sono tante e diverse per citarne alcune, Ansel Adams, adoro le sue immagini che sono decisamente l’incarnazione dell’etimologia stessa della parola fotografia, i suoi scatti sono poesia scritta con la luce. Sono incantata da Sebastiao Salgado, il suo amore per la Terra traspare dalle sue immagini con una potenza emozionale a dir poco travolgente; Annie Laibovitz con i suoi stupendi ritratti; Beth Moon, sono letteralmente affascinata dai suoi scatti agli alberi più antichi del pianeta; Will Burrard-Lucas, il giovane fotografo naturalista di cui apprezzo non solo le bellissime ed inusuali riprese, realizzate grazie a nuove tecnologie di sua invenzione, ma anche il suo impegno e sostegno alla causa ambientalista.
Cosa non è per te la fotografia ?
Questa è una domanda difficile, personalmente non credo di poter parlare di ciò che non è fotografia ma piuttosto, di ciò che, a mio modestissimo parere, considero “buona fotografia”. La buona fotografia è il risultato di un’attitudine personale, in primis, ad osservare e poi a riprodurre la realtà che ci circonda in modo non ordinario.
Oggi si fa una gran polemica demonizzando gli scatti da cellulare, categorizzandoli in qualcosa che “non è fotografia”.
Einstein sosteneva che “il genio non è che la capacità di osservare la realtà da prospettive non ordinarie”. Detto ciò vi domando, il mezzo col quale si ha catturato l’immagine è davvero una valida discriminante per non apprezzare uno scatto qualora sia frutto di un tale “genio” ? Io dico di no.
Qual e` la sfida di ogni scatto?
La sfida è di trovare una prospettiva inconsueta che riesca ad uscire dalla banalità, che colpisca emozionalmente sia me che scatto sia l’osservatore finale, che non gli faccia semplicemente “vedere” la foto ma lo induca soffermasi per “guardare” perché c’è qualcosa che d’istinto lo incuriosisce, che lo coinvolga emotivamente, qualcosa che semplicemente eserciti su di lui una piacevole attrattiva senza la necessità di doversi domandare il “perché”, che gli faccia desiderare di rivedere quell’immagine per ritrovare ancora quelle stesse gradevoli sensazioni.
Che cos’e` la curiosita`?
La curiosità è un grande stimolo ad imparare, come qualcuno ha detto” in milioni hanno visto una mela cadere ma Newton è stato quello che si è chiesto perché”. In ambito fotografico è anche sicuramente la molla creativa per eccellenza.
Chi o cosa ti piacerebbe fotografare ?
Ho un amore profondo per la natura, ricordo che da bambina non facevo che fotografare insetti, piante fiori, animali, tengo a precisare, sempre nel massimo rispetto del soggetto ritratto e sempre con metodi non invasivi. Ad oggi è ancora così adoro la fotografia naturalistica e la macro, ma ultimamente mi sono appassionata anche alla ritrattistica grazie a mio zio, un eccellente fotografo col quale scatto fin da bambina.
Qual e` il tuo prossimo progetto?
Mi piacerebbe molto un progetto fotografico che vedesse protagonista la relazione, quella “sana”, tra natura e uomo. Il sogno sarebbe quello di far emergere nell’osservatore il ricordo ancestrale della nostra connessione con la natura, un istinto primordiale che è insito in ognuno di noi ma che purtroppo ad oggi è sopito a tal punto da farci dubitare quasi che esista. Far riaffiorare questo legame attraverso la sollecitazione emozionale di uno scatto sarebbe un grande traguardo, in special modo in questi tempi nei quali l’urgenza delle tematiche ambientali non può più essere ignorata.
Quali tappe hai attraversato per diventare il fotografo che sei oggi?
Direi che il mio percorso è quello che ho riassunto nelle risposte precedenti.
Che difficoltà hai incontrato lungo il tuo percorso?
Essendo una passione e non un lavoro la difficoltà che posso dire di aver sentito è la mancanza di tempo da dedicare alla fotografia.
Quali esperienze decisive hai avuto nell’ambito fotografico?
Beh la prima esperienza decisiva è stata sicuramente il passaggio dall’analogico al digitale, che ci ha tolto la trepida attesa dello sviluppo del rullino ma ci ha regalato la splendida di libertà di vedere gli scatti in tempo reale, quindi sostanzialmente più possibilità di “aggiustare il tiro” .
La seconda esperienza decisiva si è concretizzata senza alcun dubbio con la conoscenza e l’uso della post produzione che ci permette di colmare quel divario tra l’immagine che vediamo al momento dello scatto e quella che lo strumento ci restituisce, e tutti noi sappiamo che la stragrande maggioranza degli scatti che facciamo, al di là di qualsiasi polemica da parte di coloro che sono pro o contro la post produzione, necessita di colmare quel gap.
Che cosa è necessario per poter cogliere l’attimo giusto?
Pazienza, prontezza ed empatia col soggetto.
Che rapporto cerchi di instaurare con le persone/soggetti che vuoi ritrarre?
Banalmente cerco semplicemente di metterli a proprio agio in modo che riescano a partecipare allo scatto non solo fisicamente ma anche mentalmente ed emozionalmente.
Cosa ha influenzato il tuo stile?
Non saprei dire, ritengo che tutto quello di cui facciamo esperienza, diretta o indiretta, partecipa a formare la nostra visione della realtà, questo, di conseguenza, influenza anche il nostro stile nel riprodurre quella stessa realtà fotograficamente.
Quali sono i problemi che riscontri oggi nel fotografare ?
Il poco tempo.
Ci racconti un tuo aneddoto particolare o simpatico?
Ce ne sono svariati direi, dalla sinusite mia e di mio marito, che con grande amore e pazienza mi ha sempre seguita e accompagnata nelle mie uscite fotografiche, presa per immortalare il paesaggio innevato intorno alle rive di un fiume gelato nel nord della Francia prima che venisse contaminato dal passaggio di altri visitatori, fino all’invito ad una delle sfilate della settimana della moda a Roma che mi ha vista seduta in prima fila, praticamente sulla passerella, mentre tormentavo i miei malcapitati vicini di posto con le mie contorsioni alla ricerca della giusta inquadratura.
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