“Racconti Fotografici” Numero 199: intervista a Silviano Scardecchia

Bentornati a “Racconti Fotografici” eccoci alla 199° edizione , oggi intervistiamo il fotografo Silviano Scardecchia, buona lettura.

Ti puoi presentare per gli amici che ancora non ti conoscono ?
Sono Silviano Scardecchia, appartengo alla fortunata generazione che ha avuto un piede al XX secolo ed uno al XXI secolo, con i suoi naturali vantaggi e svantaggi. SI comprende che nasco dall’analogico , supportata e sviluppata poi, dalla mia formazione accademica in chimica. Quanto premesso mi ha stimolato a produrre “alchimie” e a sperimentare ogni che- La voglia di esplorare nuove vie è stata sempre tanta. Poi è arrivato il digitale che ovviamente ha cambiato il modo di pensare, acquisire e trattare le immagini. In entrambi i periodi il fill rouge è stata la conoscenza. Nutrire ed arricchire il mio bagaglio conoscitivo sul mondo dell’immagine e di tutto ciò che ruota intorno non è venuto mai meno.

Da piccolo cosa sognavi di fare?
Mi piaceva leggere i fumetti disegnati da Magnus(Roberto Raviola) e Max Bunker (Luciano Massimiliano Secchi): Alan Ford, Gruppo TNT, Kriminal ecc, spesso mi cimentavo ad emularli realizzando poster su cartoncino , con pennarelli e china, cadeaux per i mie amici , …… poi viaggiare e ancora viaggiare in posti esotici. I miei autori e compagni di viaggio sono stati Salgari e Jules Verne

La prima foto che hai scattato?
Ho ancor vivido il mirino giallo dai riflessi dorati, della macchina fotografica di mio padre , un Ferrania , con quella scattai il mio primo fotogramma anni 60’. Una macchina fotografica a telemetro a cui seguì, anni dopo, una bellissima Yashica biottica 6X6, compagna di tanti reportage sportivi e non.

Quali sono i fotografi a cui ti ispiri e perché ?
Lista lunga, lunghissima ognuno mi ha lasciato un polline che ritrovo nelle mie immagini, Ansel Adams , Ugo Mulas , Edward Weston , Mario Giacomelli, Man Ray, Henri Cartier-Bresson, Aldo Fallai, Fernado Salgado (per il bianco e nero nella sua bellezza più squillante) Ernest Haas , Ceyco Leidmann, Larry Burrow, Giorgio Lotti, Franco Fontana, Giovanni Gastel, Albert Watson, David Hamilton , Sara Moon, Peter Tuner, Peter Lindberg, , Robert Mappethorpe, David Lachapel, Paolo Gioli, Erwin Olaf, tutti artisti che ritengo esempi per creatività e colore oltre ogni limite.

Cosa non è per te la fotografia ?
La Volgarità, l’ignoranza, la chiusura , l’incomunicabilità!

Qual e` la sfida di ogni scatto?
Riuscire a trasferire le emozioni che si provano nel momento dello scatto a chi, poi, ne usufruirà nell’osservarlo.

Che cos’e` la curiosità?
E’ varcare ogni volta le porte di stanze sconosciute ed uscirne ogni volta arricchiti . E’ l’innato sentimento dei bambini, purtroppo , soventemente, affievolito dalla “maturità” negli adulti; sentimento e passaggio obbligatorio per tutti quelli che vogliono superare limiti e frontiere

Chi o cosa ti piacerebbe fotografare ?
Ultimamente sono affascinato e applico ai miei progetto la tecnica dell’I.R. . Vorrei con questo processo realizzare un intero servizio a delle “ninfe” danzanti con abiti eterei , in una location dove natura e templi antichi, descrivono quinte divine(Cambogia).

Qual e` il tuo prossimo progetto?
Un libro Sui volti segnati dalla vita, Scatti eseguiti in bianco e nero che mima le vecchie lastre umide, contrasti e luci forti che evidenziano espressività e i solchi lasciati dal tempo. Come ho scritto in apertura, sono un figlio a cavallo di due millenni e, come tale, mi piace il pensiero di poter coniugare questo dualismo tecnico culturale attraverso le immagini che realizzo.

Quali tappe hai attraversato per diventare il fotografo che sei oggi?
Un percorso trasversale, di chi ha toccato diverse discipline ed esperienze: Pittura, chimica, grafica, corsi di comunicazione, tantissimi film d’autore, pile di riviste di settore e tanta curiosità e voglia di sperimentare soluzioni alchemiche . Sono passato indifferentemente da supporti auto-foto-sensibilizzati fino a coktail-mix di app digitali surrogati da stampe analogiche.

Che difficoltà hai incontrato lungo il tuo percorso?
Sicuramente un momento molto impattante, ricco di resistenze e stimoli, è stato intorno al 1996 quando presi conoscenza e coscienza del nuovo mondo digitale e della nuova era che stava iniziando. Se i fondamenti della composizione e del bello erano immutati la tecnologia imponeva nuovi strumenti , nuove competenze e conoscenze tecniche da dover studiare ed apprendere. Anche economicamente non fu un travaso semplice . Fino a quel momento avevo avuto un corredo Canon :
AE1, Canon AE1 Program, Canon A1, Canon F.1, Canon T90 un vasto corredo di ottiche, …..tutto da buttare , era giunta l’ora di rinnovarsi all’albeggiare della nuova era EoS: d 10, D20, D400, d60, D5, D6.
Per ultimo censire le 6 foto di questo articolo, che ho scelto più come tipologie di tecniche che di valore in assoluto.

Quali esperienze decisive hai avuto nell’ambito fotografico?
L’incontro, durante il mio periodo universitario, con molti miei coetanei provenienti da ogni dove, accomunati dalla passione per la comunicazione. Esperienze che mi hanno osmotizzato ed arricchito sotto ogni profilo. I molti shooting vissuti prima come art director con i più blasonati fotografi , spesso in giro per il mondo, poi , in prima persona , come autore di campagne per Brand molto noti nel mondo del fashion e del food.

Che cosa è necessario per poter cogliere l’attimo giusto?
Quando si va in palestra ad imparare le arti marziali, o qualsiasi altra attività , si eseguono esercizi tantissime volte, fino a far diventare automatici movimenti e reazioni. Nella fotografia accade la stessa cosa, bisogna andare in palestra , nutrirsi di immagini, siano esse statiche che dinamiche , leggere molto, studiare, immaginare, esercitarsi sul campo, a quel punto…… sarà fisiologico puntare al “target” e centrarlo . Ciò che noi scattiamo in realtà , è già dentro di noi , è frutto di tutte le nostre esperienze passate. Trasformiamo il nostro immaginario in qualcosa di tangibile, così da essere visibile l’onirico.

Che rapporto cerchi di instaurare con le persone/soggetti che vuoi ritrarre?
Studiare e conoscere il soggetto entrarci in sintonia è fondamentale , sia per cose inanimate che per soggetti vivi e dotati di personalità. Un umile approccio alla conoscenza del soggetto da immortalare è di vitale importanza. Conoscere limiti , pericoli e meraviglie di un costone roccioso da ritrarre, procedere con un garbato e rispettoso approccio psicologico nei confronti di una donna o di un uomo , che mettono in mostra il loro essere in un ritratto, diventano strumenti fondamentali per la buona riuscita del lavoro.

Cosa ha influenzato il tuo stile?
Io non ho uno stile! forse l’armonico ha uno stile? Il soggetto ispira in me il taglio stilistico, cromatico e fotografico da adottare.

Ci racconti un tuo aneddoto particolare o simpatico?
Spesso negli shooting importanti, al tempo dell’analogico , quando pellicole e sviluppi costavano tantissimo, al fine di “sciogliere” l’ambiente del cast , per creare quel giusto feeling tra fotografo modelli, collaboratori e maestranze , inizialmente si scattavano migliaia di foto senza rullino così che, reciprocamente, si prendeva confidenza l’uno con l’altro, senza farsi troppo “male” dal punto di vista economico e, allo stesso tempo, si prendeva la giusta sintonia per il lavoro vero. Speravi sempre di non subire l’imbarazzo di una innocente richiesta. Talvolta come ricordo, c’era qualcuno che ti chiedeva una foto tra le prime scattate , …. qualche sudorino e……lo scatto prova polaroid , tornava non solo utile ma provvidenziale.

Per chi vuole seguirmi può andare su silvianoscardecchia.com , https://www.facebook.com/silviano.scardecchia, https://www.instagram.com/silvianos/

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