“Racconti Fotografici” Numero 246: intervista a Giulio Montorio

Bentornati a “Racconti Fotografici” eccoci alla 246° edizione , oggi intervistiamo il fotografo Giulio Montorio, buona lettura.

  1. Ti puoi presentare per gli amici che non ti conoscono?

Buongiorno a tutti! No dai facciamo un po’ meno i formali… Ciao a tutti!! Sono Giulio Montorio, 53 anni di Gallarate, una cittadina in provincia di Varese, a meno di 50 km da Milano. Sono uno degli innumerevoli pendolari che tutte le mattine si sposta nella metropoli meneghina per lavoro.

Nel 2015 ho Inizia un mio progetto di fotografia urbana denominato “EveryEarlyMorning”; sulla mia pagina Facebook e Instagram raccolgo i miei scatti mattutini (e non solo). Inizialmente mi sono dedicato a riprendere le moderne architetture milanesi (arrivo ogni giorno alla Stazione di porta Garibaldi e la prima cosa che si vede uscendo e Porta Nuova con il grattacielo dell’Unicredit!) e utilizzavo solo uno smartphone.

Solo dal luglio 2019 ho cominciato ad accostare all’uso dello smartphone quello più tradizionale macchina mirrorless e ad espandere il mio raggio di azione fotografico cercando di realizzare scatti street aventi però come sfondo il moderno paesaggio urbano milanese.

 

  1. Da piccolo cosa sognavi di fare?

Da piccolo ero attirato da tutti quelli che erano i lavori manuali in generale…naturalmente sono diventato un impiegato.

  1. La prima foto che hai scattato?

Una mattina presto (da qui EveryEarlyMorning), mentre facevo colazione con mia moglie, in un locale molto innovativo di Milano, provai a scattare una foto con il mio smartphone. Devo dire che non era un semplice telefonino, ma un modello un po’ avanzato e ingombrante, ma non troppo, che aveva uno zoom fisico. Il risultato mi lasciò veramente stupito e da lì cominciai questo mio viaggio

  1. Quali sono i fotografi a cui ti ispiri e perché?

Ammetto di non essere preparato in questo campo. Conosco come tutti i grandi nomi, ma li considero di un altro mondo, con altri mezzi e possibilità. In questi anni ho avuto la fortuna di conoscere tanti fotografi amatoriali che animano il panorama milanese ed è a loro che mi sono ispirato e mi ispiro tutt’ora. Il continuo contatto diretto mi ha permesso di osservare le loro modalità di approccio allo scatto e di capire, parlandoci insieme, il messaggio o l’emozione che di volta in volta volevano raccontare.

Devo però dire che più di una volta i miei scatti, per il loro realismo, sono stati accostati alle opere, non di un fotografo, ma di un pittore americano: Edward Hopper.

  1. Cosa non è per te la fotografia?

Essendo la fotografia qualcosa di estremamente soggettivo credo che ognuno di noi abbia un proprio punto di vista a riguardo. Di una cosa sono sicuro, certi interventi di post-produzione, per me allontanano il risultato finale a quello che infondo è la peculiarità della foto e cioè il fermare il “qui e ora”

  1. Qual è la sfida di ogni scatto?

Attualmente trovo che la sfida più grande che affronto ogni giorno quando decido di fotografare è di riuscire a trovare qualcosa di nuovo, interessante, originale da raccontare in un percorso di strade, che dopo 5 anni ormai conosco a memoria. Ma lo stupore che si ha quando scopro qualcosa di interessante anche solo attraversando la strada in un punto diverso dal solito o guardandolo attraverso l’obiettivo è sempre grande!!!!

 

  1. Che cos’è la curiosità?

La curiosità è crescere. E questo non vale solo per la fotografia, ma per tutti i campi della vita.

 

  1. Chi o cosa ti piacerebbe fotografare?

Non vi ho ancora detto che prediligo gli scatti in b/n. E vi sembrerà strano, ma mi piacerebbe fotografare il coloratissimo mondo della moda con il mio occhio monocromatico. Penso che sarebbe una bella sfida, riuscire a valorizzare il bello senza l’uso dei colori.

  1. Qual è il tuo prossimo progetto?

Il progetto a cui sto lavorando è legato sempre a un discorso di osservazione urbana. Con un gruppo di fotografi milanesi abbiamo creato un gruppo di lavoro a cui abbiamo dato il nome di M5 (siamo in cinque e il nostro cognome inizia per M – Montorio Giulio, Magnifico Paola, Manenti Claudio, Mele Andrea e Malinverni Alessandro – e scusate se mi permetto di suggerirvi una visita alle loro mostre o pagine social); stiamo sviluppando, proprio in questi mesi un’idea di fotografia street su una particolare zona di Milano, sempre in un’ottica di documentazione della realtà milanese, presente, passata e futura.

  1. Quali tappe hai attraversato per diventare il fotografo che sei oggi?

Da un punto di vista pratico come ho accennato in precedenza, ho iniziato a fotografare utilizzando uno smartphone. Questo mi ha creato all’inizio qualche problema, legato soprattutto a un discorso di realizzazione cartacea delle foto. Per ovviare a questo problema, oltre a dotarmi di una mirrorless, ho acquistato altri smartphone più evoluti.

Per quello che riguarda invece la mia sensibilità fotografica, sono qui perché ho avuto la possibilità di affiancare diversi fotografi cercando di rubare il mestiere e continuando a mettermi in gioco.

  1. Che difficoltà hai incontrato lungo il tuo percorso?

Dato che è una passione per me la fotografia, non mi sento di parlare di difficoltà. Ecco forse l’ostacolo principale è quello di trovare il tempo per dedicarmi ad essa. Per ovviare a questo ho deciso di sfruttare il tragitto che faccio a piedi tutti i giorni dalla stazione di Porta Garibaldi alla sede di lavoro e viceversa

  1. Quali esperienze decisive hai avuto nell’ambito fotografico?

Per me le esperienze più importanti sono legate alla partecipazione di varie mostre, sia a livello locale che nazionale. Fino ad oggi non ho mai avuto l’opportunità di allestire una mia personale, ma l’occasione di crescita che dà il partecipare a mostre collettive, in cui il confronto è estremante diretto, per me è veramente concreto.

  1. Che cosa è necessario per poter cogliere l’attimo giusto?

Vediamo se mi riesco a farmi capire parafrasando un detto popolare… Bisogna essere un po’ come i contadini… “scarpe grosse e cervello fino”. Con questo voglio dire che bisogna continuamente girare, camminare, muoversi; trasportati sempre da una mentalità curiosa e solo così ci si potrà trovare al posto giusto al momento giusto.

  1. Che rapporto cerchi di instaurare con le persone/soggetti che vuoi ritrarre?

Per il tipo di fotografia che sto esplorando in questo momento, cerco di essere più trasparente possibile. Non devo esserci per cercare la massima spontaneità!

  1. Cosa ha influenzato il tuo stile?

Diciamo che non penso non di avere un mio stile vero e proprio, o per meglio dire è ancora in continua evoluzione. Ho iniziato questo percorso con una fotografia paesaggistica volta a ritrarre paesaggi urbani architettonicamente all’avanguardia (es piazza Tre torri e zona Porta Nuova a Milano) ma, negli ultimi tempi, mi ha affascinato e mi affascina tuttora catturare scene di vita quotidiana, riprese sempre però in questi contesti estremamente moderni, o comunque caratterizzati da elementi urbani con linee molto decise e precise.

Comunque l’elemento che caratterizzano di più il mio stile, e questo a prescindere dal soggetto delle mie foto è l’utilizzo del B/N; penso che solo un uso molto calibrato, in cui vi sia la presenza di un ampio spetro di tonalità che vanno dal bianco al nero, possa dare quella definizione dei particolari che con la mancanza del colore andrebbero perduti e renderebbero così lo scatto brutto e insignificante;

  1. Quali sono i problemi che riscontri oggi nel fotografare?

Problemi pochi, sfide molte! Come ho detto in precedenza nel fotografare, anche per carattere, cerco di essere invisibile! Questo purtroppo non è sempre possibile e mi rendo giustamente conto della diffidenza di alcune persone a farsi riprendere (visto il modo ignorante con cui vengono spesso utilizzati tutti i mezzi fotografici). Per cui cerco di presentarmi in maniera empatica e se poi non è proprio cosa… fa niente!

  1. Ci racconti un tuo aneddoto particolare o simpatico?

Guarda, è capitato a volte che le scorribande fotografiche, con i miei amici milanesi si concludessero con una birretta al Bar Jamaica in Brera. Non succederà mai ma metti caso che un giorno un rivolo di quell’atmosfera artistica che ha sempre impregnato le mura di questo locale, ci colpisca in fronte. Chi sa!

 

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