Bentornati a “Racconti Fotografici” eccoci alla 265° edizione , oggi intervistiamo il fotografo Paolo Tudisco, buona lettura.
Ti puoi presentare per gli amici che ancora non ti conoscono ?
Ciao, sono Tudisco Paolo, in arte Pablophotoshot, ho 25 anni, e sono un fotografo naturalista amatoriale, inizialmente mi affaccio alla fotografia di paesaggio, ma poi scopro la fotografia wild, che uso per dar sfogo al mio spirito più selvaggio.
Da piccolo cosa sognavi di fare?
Da piccolo ho sempre sognato di intraprendere una carriera sempre a contatto con la natura, il mio ambiente per eccellenzam sono i boschi con il silenzio più totale attorno me.
La prima foto che hai scattato?
La mia prima foto l’ho scattata sott’acqua sul reef di Sharm el Sheik.
Quali sono i fotografi a cui ti ispiri e perché ?
Ci sono diversi fotografi a cui mi ispiro, l’amico non che collega Michele Bavassano, Marsel van Oosten, il fotografo indiano Shaaz Jun, David Yarrow, tutti in comune hanno il voler comunicare con le loro foto, il mio stesso obiettivo .
Cosa non è per te la fotografia ?
La fotografia per me non è un solo uno strumento di cominicazione, deve saper comunicare si, un messaggio, ma anche far sognare ad occhi aperti, emozionare e far fantasticare chi vede una singola foto.
Qual e` la sfida di ogni scatto?
In ogni scatto la sfida più ardua e quella di cogliere l’esatto momento che si ha in mente, giorno dopo giorno, soggetto dopo soggetto .
Che cos’è la curiosità?
La curiosià per me è la non banalità, scoprire sempre mete nuove, situazioni diverse, e sapersi emozionare davanti la novità.
Chi o cosa ti piacerebbe fotografare ?
Uno dei miei più grandi sogni è quello di fotografare la grande migrazione, in Africa, lungo le sponde del delta dell’Okvatango.
Qual e` il tuo prossimo progetto?
Mi sto informando, studiando e creando un progetto sulla fotografia naturalistica HighKey.
Quali tappe hai attraversato per diventare il fotografo che sei oggi?
Bè che dire la fotografia per me è sempre stata il supporto più grande per uscire dai momenti più bui della mia vita, ho cominciato a scattare con una piccola Canon 200D, poi avevo in mente progetti ben più creativi, ed ero molto limitato con l’attrezzatura che avevo a disposizione, successivamente dopo aver fatto un po di sacrifici ho acquistato la mia prima reflex fullframe, ho studiato molto, sia da autodidatta, che frequentando due workshop di fotografia naturalistica, piano piano sto aumentando le mie conoscenze, non mi sento arrivato, per me nella fotografia non puoi sentirti così, i tempi si evolvono e noi dobbiamo essere sempre a passo con loro, predisposti a impare sempre tecniche nuove.
Che difficoltà hai incontrato lungo il tuo percorso?
Ho avuto diverse persone che hanno tentato di farmi desistere dal fotografare, io però mi sono impostato degli obiettivi e cascasse il mondo, devo arrivare a realizzarli!
Quali esperienze decisive hai avuto nell’ambito fotografico?
A Marzo 2020 ho realizzato l’esperienza più segnante della mia vita, in ambito fotografico, il viaggio nel Kruger National Park in Sud Africa.
Che cosa è necessario per poter cogliere l’attimo giusto?
L’attimo giusto per me si può cogliere solo se si raggiunge prima, la pace interiore, aumentatndo così lo spririto d’osservazione e aumentando tutti i sensi, amplificati anche dalle emozioni prima dello scatto.
Che rapporto cerchi di instaurare con le persone/soggetti che vuoi ritrarre?
Prima di azionare l’otturatore della camera, cerco sempre di entrare in simbiosi con il soggetto, non stressandolo, anche se entro nel suo campo visivo.
Cosa ha influenzato il tuo stile?
Il mio stile è stato influenzato sempre dalla voglia di scoprire e sperimentare tecniche poco comuni nella fotografia e nell’ambito della post-produzione.
Quali sono i problemi che riscontri oggi nel fotografare ?
Per me, il poco tempo che ho a disposizone per uscire a scattare ed entrare in simbiosi con la natura, è un grande limite.
Ci racconti un tuo aneddoto particolare o simpatico?
Prima della partenza per il Kruger, mi ero prefissato un obiettivo, fotografare un grande bull di elefante, da sempre considerato il simbolo per eccellenza della famiglia, in onore di mio nonno che ho perso nel mese di Gennaio, durante un safari, il terzo giorno di viaggio, il tramonto era quasi vicino, e il rientro al campo base, anche, mentre tornavamo, dall’erba fitta, appare un bull di elefante, gigantesco, uno dei più grandi avvistato anche dalla guida, corro a fotografarlo, si concede per 5 minuti, prima di andare però, alza la profoscide, come a voler salutare, coincidenze? io credo di no…
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