Bentornati a “Racconti Fotografici” eccoci alla 76° edizione , oggi intervistiamo l’artista Angelo Ventimiglia, buona lettura.
Ciao sono Angelo Ventimiglia, puoi chiamarmi semplicemente Angelo, ho 33 anni e sono di Villapiana, un suggestivo paesino dell’alto Jonio Cosentino; laureato in ingegneria civile e sono un alteratore di materiali, infatti vengo definito artista metamorfico ma principalmente amo spingermi verso i limiti plastici dei materiali .
Da piccolo cosa sognavi di fare?
Da piccolo sognavo di fare il cantante, poi con la pubertà le mie corde vocali si sono scordate di brutto oltre che del mio sogno, e quindi ora potrei cantare anche Mina o Sinatra, ma rigorosamente in playbac.
La prima opera che hai realizzato?
Forse la prima opera che ho realizzato, oltre a svariati disegni, fu una mia interpretazione della tavola periodica di chimica nei primi anni dell’istituto tecnico che frequentavo, ma sono sicuro che fosse un’interpretazione personalissima della materia come mi insospettisce il miracoloso 18 preso all’esame di chimica all’università successivamente.
Quali sono gli artisti a cui ti ispiri e perché ?
Gli artisti dell’antica Grecia che non è fatta di grandi nomi ma semplicemente di arte, principalmente perché esiste un mondo antico sotto i nostri piedi che calpestiamo con la nostra inerzia e passività per illuderci che la modernità possa renderci felici.
Cosa non è per te l’arte?
L’arte non è un prodotto da offrire sul mercato come fosse l’ultimo modello di scarpe, non è un farmaco da tenere fuori dalla portata dei bambini, non è una barriera dell’incomprensione, non è una corsa verso il proprio ego, non è l’ostentazione di un successo, ……….l’arte a volte semplicemente non E’.
Che cos’è la curiosità?
Il continuare chiedersi il perché delle cose, del tutto e di tutto, il famoso e petulante “e pecchè” che sentiamo dai bambini curiosi di sapere ogni cosa che inducono gli adulti allo sfinimento e ad arrendersi alla loro forza e voglia di scoprire il mondo che li circonda, di non dare mai nulla per scontato, mai nulla a caso, andare oltre il conosciuto, attraverso quella fervida immaginazione che li contraddistingue.
Chi o cosa ti piacerebbe Rappresentare?
Mi piacerebbe rappresentare ciò che osservo attraverso la mia visione della realtà, immaginare che gli orizzonti possono essere anche verticali, basta piegare leggermente la testa di lato, ovviamente non troppo per favorire sempre un afflusso minimo vitale di ossigeno al nostro cervello, ma giusto quel minimo per non averne troppo, altrimenti avremmo immagazzinato solo aria…. Ops …. sono andato fuori traccia mi sa … beh … l’ho sempre fatto …. non mi accontento più di vivere in labirinti preconfezionati come scrigni di felicità più o meno convincenti …. possiamo sempre farci spazio tra i rami delle siepi e dire cucù.
Vorrei far capire che esiste una tradizione artistica italiana che può essere riscoperta, possiamo essere semplicemente noi stessi.
Qual è il tuo prossimo progetto?
Continuare a lavorare sul mio progetto “Ascoltati”, una collezione molto intima ed incentrata sulla cultura classica della Magnagrecia, e sulla stesura del Catalogo-Saggio Personale curato dallo storico e critico d’Arte nonché Direttore del MABOS (Museo del Bosco della Sila) Roberto Sottile, utilizzando le fotografie delle opere immortalate dall’artista Emanuele Santoro (gli scatti allegati a questa intervista sono un estratto di tale lavoro che sarà poi pubblicato). Seguiranno nuovi progetti che prenderanno forma quest’anno altri invece di più lungo respiro.
Mi piacerebbe esporre nuovamente a Venezia, ma ancora di più realizzare un museo dislocato su tutto il territorio italiano e anche oltre i confini nazionali, qualcosa che potrebbe già essere possibile questa estate. Mi raccomando, siete avvisati: aguzzate la vista perché in qualche angolo di mondo potrei lasciare tracce del mio passaggio ….. armatevi di paletta o smartphone.
Quali tappe hai attraversato per diventare l’artista che sei oggi?
Prima in assoluto l’accettare questa vocazione, anche se ho sempre fatto studi su materie scientifiche, che mi hanno comunque permesso di acquisire delle conoscenze diverse ma con ampi margini di applicazioni nel campo artistico. Una delle tappe principali è stata l’esposizione al Museo 3D Gallery di Venezia, dove ho avuto la possibilità di confrontarmi con artisti completamente diversi da me e che mi hanno donato preziosi consigli.
Il piacevolissimo incontro e confronto con lo storico Casimiro Di Crescenzo, il maggiore conoscitore delle opere di Alberto Giacometti, che mi ha accolto a casa sua con una semplicità disarmante. Poi sicuramente il progetto “Meditart”, formato da otto artisti del bacino culturale del Mediterraneo includendo dei kosovari e palestinesi. La mostra Bi-personale “IpNoSi” con l’artista Valentina Silvestri (co-fondatrice del “Meditart”) tenutasi al MAM (Museo provinciale delle Arti e dei Mestieri) di Cosenza. Un altro momento di crescita artistica è stata l’esperienza fatta con il Concorso Geni Comuni (ottenendone il 2.o premio) e con una mostra Bi-personale presso il Museo del Presente di Rende (CS).
Il progetto Bocs Art di Cosenza, la residenza artistica più grande d’Europa curata dal professore e storico dell’Arte Alberto Dambruoso dei Martedì Critici.
La collaborazione artistica con il Maestro Architetto Roberto Assenza, scultore di mappe storiche nell’oro su vetro di Murano nonché designer di famosissimi lampadari di Murano. I confronti con l’attrice/autrice Anna Macrì, il Direttore di “Fame di Sud” Enzo Garofalo, la prof.ssa B.S. Aliberti Borromeo, le battute e birre condivise con il pittore Luca Piscitelli, ogni singola traccia del passato che riaffiora tra i solchi della terra. Quindi non solo carote e patate ma Memorie di Antiche Culture.
Che difficoltà hai incontrato lungo il tuo percorso?
La difficoltà principale è stata, e lo è anche tuttora, quella di far comprendere il mio mondo per la mia espressione artistica fortemente atipica e controcorrente, perché amo essere seguito e non seguire le intuizioni altrui.
Quali esperienze decisive hai avuto nell’ambito artistico?
Poter lavorare all’interno di scavi archeologici, mi ha fatto capire che forse non si era fatto abbastanza, e di come un giovane come me, potesse divulgare quelle suggestioni che vivevo camminando tra i sentieri ed i vicoli di quelle antiche città inghiottiti da detriti, soprattutto nella mia amata Sibari. Sicuramente poi l’opportunità di realizzare per conto dai frati Minimi di Paola un dono per il Pontefice Papa Francesco.
La Residenza artistica Bocs Art, come ho detto precedentemente. I confronti-scontri con l’amico e Maestro Antonino Gaeta fondatore della prima casa Futurista d’Europa nata a Palermo. E poi, sicuramente, quella di esporre anche nella mia terra, la Calabria, dopo aver esposto in città come Venezia/Firenze/Macerata, partecipando al progetto “Calabria Itinerante” a cura dell’Architetto Pasquale Raffaele De Masi, un’ esperienza che ha influito moltissimo: a volte gli spazi che ci venivano concessi erano ridottissimi, ma l’importante era rieducare la gente al senso dell’arte.
Che cosa è necessario per poter cogliere l’attimo giusto?
Un coltello……… no scherzo…. ero diventato troppo serio nelle risposte precedenti, per me è necessario che mi si illuminano gli occhi, osservare è il mio imperativo.
Che rapporto cerchi di instaurare con le persone/soggetti che vuoi ritrarre?
La persona viventi sono pochissime ma nutro molta stima in quanto sono i magnogreci (ossia i loro discendenti) del nuovo millennio: mi devono ispirare per la loro vita ed umanità; spesso accade che diventiamo amici ancor prima che diventino una mia opera, come lo è stato per il mio carissimo amico Gaetano Saffioti.
Cosa ha influenzato il tuo stile?
Sicuramente la colonia greca di Sibari e tutta l’arte dei sapori antichi, ma anche la capacità di creare qualcosa con materiali trovati per caso e poi, senza ombra di dubbio, la mia data di nascita il 29 settembre, data in cui è nato Michelangelo Merisi, comunemente noto come il “Caravaggio”.
Ci racconti un tuo aneddoto particolare o simpatico?
Si, volentieri: ero con l’artista Valentina Silvestri, stavamo allestendo la nostra mostra al MAM e ci mancava un tavolino dove posizionare bigliettini da vista, cartoline e i diversi gadget che avevamo preparato per accogliere i visitatori. Guardandoci inutilmente intorno, abbiamo allora deciso di realizzarlo noi con un foglio di poliplat trovato all’interno del Museo. Eravamo soddisfatti del nostro operato, come quando i bambini iniziano finalmente ad andare in bici da soli. La Direttrice Anna Cipparrone, che peraltro ringrazio per la sua enorme pazienza, ci telefonò la mattina seguente per chiederci se avevamo visto quel foglio di poliplat che non riusciva a trovare ma che aveva acquistato lei stessa per fare dei piccoli supporti per dei gioielli da esporre nella sala adiacente la nostra…. Beh…. in bici saremmo andati sicuramente anche noi, ma con le rotelle…. fuori posto.