“Racconti Fotografici” Numero Quattro: intervista a Andrea Trivigno

Cari Lettori, eccoci alla quarta edizione di “Racconti Fotografici”. L’intervista di oggi è dedicata ad Andrea Trivigno, che ci racconta la “sua fotografia” attraverso le sue immagini. Buona Lettura.

Ti puoi presentare per gli amici che ancora non ti conoscono?

Mi chiamo Andrea Trivigno, sono nato a Napoli, ho 23 anni e vivo a Potenza, in Basilicata.

La prima foto che hai scattato?

Non ricordo bene la prima foto, probabilmente un paesaggio o un ritratto.

Quali sono i fotografi a cui ti ispiri e perché?

Non ho punti di riferimento ben specifici, a dire la verità non sono nemmeno un esperto in merito. Mi piace la buona fotografia, aldilà da chi sia stata scattata o cosa rappresenti.

Cosa non è per te la fotografia?

La fotografia per me NON è un lavoro. Spero possa non diventarlo mai. È una passione e così deve rimanere, se non ci si diverte in questo hobby allora non serve prendere la reflex in mano. Immagino che se dovesse essere il mio lavoro diventerebbe solamente una noiosa routine perdendo tutto ciò che ora per me è un divertimento. Mi capita spesso di non toccare l’attrezzatura per un po’ di tempo, credo che ogni tanto sia giusto prendersi una pausa.

Qual è la sfida di ogni scatto?

Quando scatto invece metto tutto me stesso, resto concentrato dal primo all’ultimo momento. Cerco di non perdere d’occhio nessun particolare. Mi piace molto la ritrattistica, organizzo il tutto e cerco di non lasciare niente al caso. Di solito scatto seguendo un tema ben preciso, ma a volte seguo l’ispirazione e scatto cercando di catturare l’attimo. Nel ritratto cerco di valorizzare lo sguardo, sono fermamente convinto che gli occhi comunichino più delle parole.

Che cos’è la curiosità̀?

Essere curiosi credo voglia dire cercare di vedere sempre “oltre” quello che si è fatto, cercare di superare i propri limiti, le proprie paure, mettersi in gioco, sbagliare e soprattutto imparare.

Chi o cosa ti piacerebbe fotografare?

Mi affascina molto l’idea di poter fare un viaggio in solitaria in qualche parte sperduta del mondo. Magari anche in un villaggio primitivo, incontaminato dall’uomo e dalle nostre “comodità”.

Qual è il tuo prossimo progetto?

Sto lavorando ad un progetto fotografico per il 2017 a scopo di beneficenza. Mi piace l’idea di poter utilizzare una mia passione per far del bene a chi ha bisogno!

Quali tappe hai attraversato per diventare il fotografo che sei oggi?

Sono completamente autodidatta, non ho mai seguito corsi, non ho mai letto un libro di fotografia. Non mi ritengo assolutamente migliore di altri, né credo che questa sia per forza la strada da seguire. Per me la fotografia è qualcosa da scoprire man mano, superando tutte le difficoltà del caso. Ovviamente sono consapevole che una minima base teorica sia necessaria, ma dubito che con la sola teoria si possa fare una buona fotografia.

Che difficoltà hai incontrato lungo il tuo percorso?

Vivo in una città lontana dalle realtà fotografiche. Ci sono poche possibilità di crescita, c’è una mentalità molto chiusa e molte volte sembra che ci sia una competizione tra chi pratica questo hobby. Personalmente non lo ritengo un grosso problema dato che non vivo la fotografia in questo modo.

Che cosa è necessario per poter cogliere l’attimo giusto?

È necessario “sentire” lo scatto. Una volta premuto il bottone non si fa altro che trasferire in macchina quello che si aveva in mente o che si provava in quel momento. La reflex è un mezzo per materializzare le proprie emozioni.

Che rapporto cerchi di instaurare con le persone/soggetti che vuole ritrarre?

Molto spesso ho scattato con persone conosciute la mattina stessa. Cerco immediatamente di metterle a proprio agio. Non sono un mago della parola, ma non posso nemmeno dire di essere un tipo silenzioso. La persona che si trova avanti a me deve divertirsi, deve avere fiducia in se stessa, deve essere consapevole delle proprie capacità. Sono sicuro che se i risultati fotografici sono buoni è anche merito di questo feeling.

Ci racconti un tuo aneddoto particolare o simpatico?

Molto spesso sento dire che un buon ritratto deve essere eseguito necessariamente con un tipo di ottiche… un ritratto “standard”, forse! Ero in procinto di scattare una foto panoramica con un 14mm montato sulla mia Canon 6D quando all’improvviso spunta la mia fidanzata cercando di farmi spaventare. Vedo la foto eh… booom! Un effetto particolarissimo, una caricatura naturale, faccia grossa e corpo piccino… da quel momento ho cercato di eseguire questo tipo di scatto con ogni ragazza con la quale ho collaborato, e devo dire che i risultati sono stati sempre molto divertenti!

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